Alzheimer e qualità del sonno: quale legame?
In Italia vi sono oltre un milione e duecentomila casi di
demenza, 720mila dei quali legati a questa specifica patologia
21 settembre, Giornata Mondiale dell'Alzheimer - C'è grande
attenzione al tema del sonno frammentato e interrotto: può essere una spia
precoce di demenza?
Un evidente peggioramento della qualità del sonno in età
avanzata potrebbe essere un segnale di un aumentato rischio di futura diagnosi
di Alzheimer. Ne sono convinti i ricercatori dell'Università della California,
Berkeley, che hanno confermato che esiste una relazione tra un sonno
frammentato e poco ristoratore e il rischio di formazione di placche amiloidi,
gli accumuli di una
proteina dall'effetto neurotossico caratteristici di questa demenza.
Alla vigilia della Giornata Mondiale
dell'Alzheimer (21 settembre 2020), la discussione sul ruolo del sonno
negli anni che precedono la diagnosi è più che mai accesa. In che modo i
disturbi del sonno sono legati alla malattia? Ne sono soltanto un
sintomo precoce o hanno un ruolo ancora non chiaro nella sua origine?
Alzheimer: gli Speciali di
Focus.it
PULIZIE MANCATE. È noto che il sonno
profondo favorisce la
rimozione di scorie e tossine da parte del liquido cerebrospinale, il
fluido trasparente e incolore che irrora il sistema nervoso centrale. Dormire
male potrebbe quindi contribuire al rischio di sviluppare demenze? Dopo aver
analizzato la qualità del sonno di 32 adulti sani nei decenni dei 60, 70 e 80
anni, i ricercatori si sono accorti che i volontari che iniziavano ad accusare
un sonno più discontinuo e una minore quantità di sonno a onde lente, spesso
indicato come "sonno profondo", avevano maggiori probabilità di
mostrare un aumento di placche beta amiloidi nel cervello nel corso dello
studio. La correlazione tra qualità del sonno e accumuli amiloidi era talmente
evidente, che è stato possibile prevedere i cambiamenti delle placche nel tempo
solamente valutando la qualità del sonno - anche se nessuno dei volontari si è
ammalato di Alzheimer nel corso della ricerca.
Gli stili di vita sono
all'origine del 40% dei casi di demenza
CAUSA O CONSEGUENZA? Nello studio pubblicato su Current Biology, i ricercatori suggeriscono due parametri da tenere d'occhio: la quantità di sonno profondo non-REM (caratterizzato cioè, dall'assenza di rapidi movimenti oculari) e l'efficienza generale del sonno, ossia il tempo trascorso proprio a dormire, e non a fissare il soffitto. Insieme descrivono la qualità del sonno, che sembrerebbe essere legata alla salute, anche futura, del cervello. Se la scoperta fosse confermata, una maggiore attenzione al riposo notturno potrebbe aiutare nelle diagnosi precoci dei disturbi neurodegenerativi, e rivelarsi allo stesso tempo una forma di prevenzione relativamente facile da adottare.
Ma è solo una goccia nel mare, nella ricerca delle cause (nonché
dei possibili trattamenti) della malattia di Alzheimer, che colpisce il 5%
delle persone con più di 60 anni. Senza contare che un sonno disturbato
potrebbe essere semplicemente uno dei sintomi precoci (e non
una delle cause) di questa condizione. Secondo un
altro studio condotto da Imperial College London, infatti, le persone
con una maggiore predisposizione genetica alla malattia di Alzheimer sono più
spesso mattiniere e con una durata del sonno più breve.
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