ntervista con l’attore che ha avviato una serie online di appuntamenti con i classici della letteratura
«Stasera inizierò a leggerlo, sarà il mio primo classico italiano. Grazie!» e « L’ho letto più volte nel corso degli anni e lo trovo un capolavoro»: sono due dei commenti che gli utenti hanno voluto lasciare sulla pagina Facebook di Gioele Dix, dove l’attore ha da qualche settimana avviato una serie di appuntamenti online con la lettura di pillole letterarie.
Il 26 marzo è stato pubblicato l’omaggio alla grande poetessa polacca Wislawa Szymborska, Premio Nobel per la letteratura nel 1996, ma le prime due puntate - tanto impegnative quanto apprezzate – sono state dedicate al Capitolo XXXI de “I Promessi Sposi”, quello sulla peste del 1630.
«La scelta è caduta su questo testo - spiega l’attore - perché volevo scegliere un classico della letteratura e quel capitolo in particolare per i riverberi che ha sull’attualità. Da diversi anni ho avviato esperienze di letture sia al Teatro Parenti di Milano che altrove e questa è l’occasione per confermarle e per far scoprire o riscoprire alcuni testi che spesso, magari perché “imposti” come letture scolastiche, non sono apprezzati o conosciuti appieno. “I Promessi Sposi”, nello specifico, non ha mai appassionato neanche me, ma trovo che sia un’opera cruciale per la lingua, per la nascita del romanzo moderno, per il lavoro meticoloso del Manzoni. Il riscontro è stato decisamente positivo: dai commenti e dai messaggi ho notato il piacere della riscoperta di lettori, ex alunni e insegnanti: qualcuno mi ha anche detto che userà le mie letture nella formazione a distanza a scuola». Innegabili le analogie con la situazione attuale, nel capitolo scelto: «tanti sono gli spunti di riflessione, dalla sottovalutazione di chi sa e può fare all’ostilità verso i medici seri, dalla negazione del problema alle definizioni diverse che vengono date della malattia».
L’impostazione di Gioele Dix nella letteratura è la stessa di sempre, fatta di digressioni, commenti, riassunti, riflessioni: «non sono un accademico e non voglio fare delle lezioni, ma mi piace mettermi al servizio di chi mi ascolta. Anche nella preparazione dei video c’è grande immediatezza: chi collabora con me si occupa di una minima correzione per il montaggio ma non si tratta di una costruzione artificiosa; il pubblico percepisce questo e comprende anche qualche intoppo, esattamente come avviene sul palco a teatro. In questi giorni può capitare che in sottofondo si senta qualche rumore e qualche strillo, ma quando si è in famiglia, al chiuso, può succedere».
La diffusione tramite social è ovviamente larghissima e «essendo una grande realtà del nostro presente, con vantaggi e svantaggi, vanno utilizzati di conseguenza. In questo momento storico globale la mia sensazione è che il contenuto sia molto più importante del solito e che l’attenzione – in genere bassissima e regolata dalla velocità – sia più alta e ci sia un’inversione di tendenza. Abbiamo tempo e alcuni contenuti funzionano anche per quello. La cosa mi fa piacere, anche perché può essere di aiuto in una situazione in cui non possiamo negare che ci siano problemi quotidiani da risolvere e non tutti possono trascorrere in tranquillità la quarantena».
Un aspetto che il contatto sui social non può superare è la mancanza del contatto con il pubblico: «è devastante, anche perchè io sono sempre stato abituato a muovermi, a scoprire teatri nuovi; mi mancano tutti i compagni di lavoro con cui siamo fermi al palo senza sapere cosa succederà in seguito. Non possiamo prendercerla con nessuno e sto valutando - stavolta più di altre – che nel confronto con altri “fior fior” di Paesi il nostro sta dimostrando di seguire una strada per portarci fuori, nonostante possibili errori e sottovalutazioni che valuteremo in seguito. In un atto di fiducia abbiamo comunque fissato nuove date a fine maggio, ma io sono un po’ più ottimista sull’estate. In ogni caso l’intenzione è, appena possibile, riorganizzare gli spettacoli anche per ringraziare il pubblico».
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